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Marco Caldara
13 March 2018

Borna Coric e il coraggio di cambiare

Lo scorso dicembre, in un colpo solo Borna Coric ha cambiato base, allenatore, preparatore atletico, fisioterapista e manager, scegliendo Bordighera, il Team Piatti e Ivan Ljubicic. Una scelta azzardata per un giocatore fra i primi 50 del mondo, ma che sta pagando. A Indian Wells il 21enne di Zagabria sta mostrando una forma straripante.
Quando arrivi numero 33 del mondo a 18 anni e tutto sembra scontato, gestire le difficoltà dei mesi successivi non dev’essere affatto facile. Ma un passettino alla volta Borna Coric ci sta riuscendo. Il best ranking di quei tempi lo deve ancora migliorare, ma il lungo periodo difficile che aveva alimentato qualche dubbio sul suo reale valore pare alle spalle. Il 21enne di Zagabria lo sta dimostrando a Indian Wells, dove si è presentato in una condizione psico-fisica eccellente, per il dispiacere degli avversari. Praticamente si è garantito un posto agli ottavi di finale senza sudare, lasciando per strada appena nove game in tre incontri. Ha battuto prima Donald Young (6-0 6-2), poi Albert Ramos (6-0 6-3) e quindi Roberto Bautista-Agut. Nei quarti a Dubai l’aveva spuntata lo spagnolo, poi vincitore del suo primo ATP 500, mentre in California è arrivata la prepotente rivincita di Coric, a segno per 6-1 6-3. “Più passano i giorni – ha raccontato – e più gioco meglio, e nel match con Bautista Agut, fino al 6-1 3-0, ho giocato probabilmente il miglior tennis della mia vita. Riuscivo a essere molto molto aggressivo, mettendo costantemente pressione al mio avversario, ma senza commettere errori”. Un mix che non avrà nell’apparenza il suo punto di forza, ma ha tanta costanza e può diventare difficile da contrastare. “Mi auguro di continuare così, per salire in classifica. A 18 anni sono arrivato in fretta al numero 33 del mondo, ma non avevo ancora quel livello”. Un po’ lo stesso accaduto al suo prossimo avversario, Taylor Fritz. Nel 2016 si è trovato a un soffio dai primi 50, ma non aveva ancora la capacità di giocare da top-50 ed è stato ricacciato indietro. Oggi è tornato su, e va a caccia del primo quarto in un Masters 1000, mentre per Coric potrebbe essere il terzo, dopo quelli raggiunti a Cincinnati e a Madrid.
A DICEMBRE HA CAMBIATO TUTTO
Se paragono il Coric di oggi a quello di quando avevo 18 anni – ha detto ancora il croato –, oggi sono un giocatore molto migliore”. Semplicemente, aveva bisogno di trovare una chiave per dare continuità alla crescita, e trasmetterla in campo. Un aiuto che sembra aver trovato nella scorsa off-season, con la scelta di cambiare completamente team e trasferirsi a Bordighera sotto la guida di Riccardo Piatti, affiancato all’altro coach Kristijan Schneider, che lavorava con Coric da qualche settimana. È rimasto solo lui, mentre per il resto si è trattato di un cambio a 360°: base, coach, preparatore atletico, fisioterapista e pure il manager, con l’innesto di Ivan Ljubicic. Una terapia d’urto che sta funzionando: Coric ha “steccato” solo l’Australian Open, perdendo subito contro John Millman, poi ha vinto due punti in Coppa Davis, raggiunto i quarti a Dubai e ora è agli ottavi al BNP Paribas Open. “Sentivo di aver bisogno di un cambiamento, di qualcosa di diverso sotto tutti gli aspetti. Ho parlato tanto con Ivan e con Riccardo prima di iniziare a lavorare insieme a loro. Abbiamo avuto una grande off-season e altre ottime settimane di lavoro dopo l’Australian Open. Ora l’obiettivo è continuare a crescere. Ho il tempo di farlo e un buon team. Nessuno è il coach principale: se c’è una decisione importante da prendere la prendiamo tutti insieme, valutando l’idea migliore. Oltre alla parte tecnica, c’è Ljubicic che osserva tutto da un’altra prospettiva e ci può dare un’opinione differente. Quando sono a Monte Carlo ci vediamo spesso”. Si è capito che (probabilmente) Coric non diventerà il fenomeno che si pensava quando batteva Nadal ancora minorenne, nel 2014 a Basilea, però può ancora ottenere grandi risultati. E lui lo sa, anche se non vuole mettersi pressioni. “Nel tennis non c’è nulla di magico. Ora sto giocando bene, ma questo non significa che in pochi mesi sarà nei primi 10 del mondo. Per farcela serve un lavoro lungo, di tre o quattro anni". Ora è quello il suo obiettivo.
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