FESTEGGIARE COME PAPÀ
Sebastian la finale di vent’anni fa l’ha vista spesso, consumando un vecchio dvd. “Papà non mi ha mai detto di guardarla – ha raccontato ad Associated Press – ma quando posso mi piace farlo. Diciamo almeno una volta al mese. Adoro gli attimi dopo il match-point”. Korda senior chiuse con un passante col diritto incrociato, bocciò Rios (rimasto l’unico numero uno della storia dell’ATP senza titoli Slam) e si inginocchiò sul vecchio Rebound Ace. Ci rimase una ventina di secondi, a godersi la sbornia di emozioni, prima di lanciare la Volkl al cielo e concedersi una piroetta. Di solito, però, era abituato a festeggiare con un salto accompagnato da una sforbiciata, diventato il suo marchio di fabbrica. “Lo so fare? Certo. Ma ho deciso di non farlo”, rispondeva Sebastian a inizio settimana. Evidentemente deve aver cambiato idea, visto che ha festeggiato proprio così le sue ultime due vittorie, contro il cinese Ray Ho e contro il serbo Marko Miladinovic. Il 17enne di Belgrado l’aveva sconfitto la scorsa settimana a Traralgon, dopo una battaglia serrata, e lui – accompagnato a Melbourne da coach Dean Goldfine, uno che in passato ha lavorato anche a fianco di Todd Martin ed Andy Roddick – l’ha ripagato con la stessa moneta, resa ancor più pregiata dal palcoscenico. Ha vinto 7-5 5-7 6-4 e in finale sfiderà il taiwanese Chun Hsin Tseng, che in tre set ha fermato il britannico Aidan McHugh, uno dei primissimi clienti dell’agenzia di management di Andy Murray.