Nella
lunga intervista da casa Lorenzi uscita sul numero di dicembre della nostra rivista, il nuovo leader azzurro ci ha spiegato come le poche sconfitte che non manda giù siano quelle in cui non riesce a dare il massimo. Al secondo turno dell’Australian Open il massimo l’ha dato, per 3 ore e 47 minuti, lottando come un dannato per portare al quinto set una sfida in cui nessuno avrebbe scommesso su di lui.
Tuttavia, nel 6-3 1-6 7-6 3-6 6-3 con cui Viktor Troicki gli ha sbarrato la porta del terzo turno dell’Australian Open, il toscano ha raccolto meno di quanto potesse. E questo, sicuramente, un tantino lo turba. Non si può dire che meritasse un successo, perché quando è stato il momento di andare a vincere il match Troicki è stato più concreto, e dopo il 6-3 6-4 senza chance della scorsa settimana a Sydney già aver trascinato il serbo al quinto sembra un buon risultato. Ma per come si è messa sul piccolo Campo 7, la vittoria non è parsa una mission impossible. Lo confermano le statistiche finali, 159 punti contro 155, e l’impressione – anche se visti i 35 anni fa un po’ strano dirlo – è che
a Lorenzi sia mancata un filo di abitudine a giocare certi match, per gestire a dovere le fasi finali. Peccato, visto che nonostante i cinque set pareva in ottime condizioni fisiche, come avrebbe confermato poi lui stesso in conferenza stampa. “
Il match si è deciso su pochi punti – ha detto Lorenzi ai giornalisti -,
e di occasioni ne abbiamo avute numerose entrambi. Peccato: malgrado le quattro ore non avevo alcun problema fisico. Avrei potuto continuare ancora”.