Marco Caldara
25 January 2018

Quando vede un varco, Cilic non sbaglia mai

Terza finale Slam per Marin Cilic, che diventa il primo tennista croato di tutti i tempi a giocarsi il titolo all’Australian Open. Contro Kyle Edmund ha vita facile: chiude in tre set e si conferma il più bravo degli inseguitori ad approfittare dei pochi spazi lasciati liberi dai big. A Wimbledon era stato sfortunato, e meritava una seconda chance.
Cosa ha Marin Cilic più di Grigor Dimitrov, Alexander Zverev, Juan Martin Del Potro e altri dei tennisti che popolano i piani alti del ranking ATP? Nulla. Tecnicamente c’è chi è messo meglio di lui, mentalmente anche, fisicamente sono in tanti sullo stesso piano. Ma una differenza enorme con tutti gli altri c’è: il croato è il più bravo di tutti a sfruttare le poche occasioni che cadono dalle tasche dei big, specialmente nei tornei del Grande Slam. Quattro anni fa a New York c’è stato lo Slam al maschile più strano dell’ultimo decennio, e il titolo se l’è preso lui. Lo scorso anno a Wimbledon hanno perso uno via l’altro Nadal, Murray e Djokovic, e il posto vacante per la finale se l’è preso lui, e ha appena fatto lo stesso a Melbourne. Nadal gli ha regalato una possibilità facendosi male contro di lui, che era stato bravissimo a obbligarlo a lottare e soffrire, e il 29enne di Medjugorje non ha perso tempo. Battendo per 6-2 7-6 6-2 la sorpresa Kyle Edmund si è guadagnato la terza finale Slam in tre tornei diversi, diventando il primo tennista croato della storia (donne comprese) ad arrivare a giocarsi il titolo nel primo Slam dell’anno. Contro il britannico era nettamente favorito, ma lo era anche Grigor Dimitrov, e abbiamo visto come è andata a finire. Invece Cilic è stato bravo a tenerlo sempre a distanza: ha salvato due palle-break nel primo turno di servizio e poi non ne ha concessa più nemmeno mezza, raccogliendo tutti i doni arrivati da una prova di Edmund meno brillante dei giorni scorsi. Cilic gli ha fatto dimenticare il diritto impostando quasi tutti gli scambi dall’altro lato, il britannico ha raccolto meno del solito dal servizio, ha litigato con un fastidio di natura fisica che ha richiesto un trattamento del fisioterapista negli spogliatoi, ed è stato in partita solo nel secondo set.
DECISIVO IL TIE-BREAK DEL SECONDO
Dopo il rapido 6-2 per Cilic, superiore in ogni settore del campo, Edmund ha preso coraggio ed è riuscito a giocarsela ad armi pari, malgrado qualche atteggiamento che lasciasse trapelare un pizzico di nervosismo in più dei match precedenti. Aveva colpito per il suo modo di stare in campo, con un body language sempre positivo, mentre con la tensione della semifinale è arrivato addirittura a chiamare in campo il supervisor dopo una discussione con il giudice di sedia per un overrule che a suo dire (ma non secondo l’arbitro) doveva dargli la possibilità di rigiocare il punto. Per sua fortuna, l’episodio non gli ha fatto perdere la concentrazione e l’ha anzi aiutato a trovare qualche lampo del suo miglior tennis, fino ad obbligare Cilic al tie-break. Ma vista la superiorità mostrata sin lì era giusto che il set andasse a Cilic, che dal 3-3 ha infilato quattro punti su cinque e si è preso il meritato 2-0 che spezzato le gambe a Edmund. E non solo in senso figurato, visto che nel terzo il 23enne inglese nativo di Johannesburg ha iniziato a muoversi sempre peggio, fino a perdere in fretta il contatto con l’avversario e arrendersi dopo appena 2 ore e 18 minuti. Significa che è stata una delle partite più rapide del torneo di Cilic, che ha chiuso con 32 colpi vincenti e un confortante 90% di punti vinti con la prima palla di servizio. Sulla Rod Laver Arena, il campo più rapido fra quelli principali dell’impianto di Melbourne, certi dettagli pesano ancora di più.
CILIC MERITAVA UNA SECONDA CHANCE
“È stato un buon match – ha detto Cilic – anche se nel secondo set ho avuto un po’ di alti e bassi. Lui ha iniziato a servire meglio e a colpire meglio col diritto, però mentalmente sono stato bravo a rimanere sempre concentrato e a mettergli pressione in ogni punto. Nel terzo gioco del terzo set ho notato che ha lasciato andare un paio di palle, e i suoi movimenti sono diventati più limitati. Ma credo che sia stato decisivo il tie-break del secondo set”. Problemi di Edmund a parte, Cilic ha mostrato di meritare la finale, alzando il livello nel secondo set contro Nadal e mantenendolo anche per tutto il match successivo. Così facendo – come informa BranchStatsdiventerà uno dei 27 giocatori (uomini) dell’Era Open ad aver giocato la finale in almeno tre dei quattro tornei del Grande Slam. Solo in dieci hanno saputo fare poker, e nell’elenco non figura gente come Becker, Borg, Connors, McEnroe e Sampras. “Fisicamente – ha continuato Cilic – mi sento davvero bene, nel match con Nadal al quinto set avevo ancora tanta energia, e ora ho due giorni di riposo che mi daranno un ulteriore aiuto”. Un piccolo vantaggio nei confronti del vincitore del duello fra Federer e Chung, in campo 24 ore dopo di lui. Il pronostico dice che dovrebbe essere lo svizzero, lo stesso avversario della sconfitta a Wimbledon. “Gioca sempre in maniera aggressiva – chiude Cilic –, serve bene e colpisce la palla presto, ma se riesco a giocare il tennis che voglio penso di poter competere alla pari”. L’augurio è che stavolta la sfortuna non gli metta i bastoni fra le ruote, dopo che ai Championships dovette arrendersi praticamente ancora prima di scendere in campo, a causa di alcune fastidiose vesciche sotto ai piedi che gli impedirono di muoversi a dovere. Meritava un’altra chance, e se l’è presa.

AUSTRALIAN OPEN UOMINI – Semifinale
Marin Cilic (CRO) b. Kyle Edmund (GBR) 6-2 7-6 6-2
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