Marco Caldara
20 January 2017

Agli ottavi senza sponsor. Ma insieme a Jules.

Domenica Daniel Evans è stato costretto a comprarsi t-shirt e pantaloncini per giocare l’Australian Open. Cinque giorni più tardi è per la prima volta agli ottavi di uno Slam, dopo aver annichilito Tomic e dedicato la vittoria a Julien Hoferlin, il suo ex coach morto nel 2015 di cancro al cervello. “Sono sicuro che mi stesse guardando”.
E pensare che nel 2012 a Miami il burrascoso John Tomic l’aveva definito “poco adatto” per allenarsi con suo figlio Bernard, perché il secondo era nel main draw, mentre a Daniel Evans toccavano le qualificazioni. L’anno dopo allo Us Open è arrivata la prima rivincita, servita in quattro set, ma evidentemente al 26enne di Birmingham non è bastato. Voleva vendicare quella frase davanti a tutta l’Australia, e ha teso ai Tomic un’altra trappola, a casa loro. Prima è andato a prendersi il face-to-face sbattendo fuori Marin Cilic, e poi l’ha vinto in tre set, 7-5 7-6 7-6 davanti agli oltre novemila della Hisense Arena. Un successo di tennis ma anche di nervi, necessari per vincere tre set su tre al fotofinish e ribadire che ora il talento è un alleato, non più qualcosa di troppo ingombrante per stringerci amicizia. La sua storia da “bad boy”, fatta di zero voglia di faticare, notti nei pub, rapporti turbolenti con la LTA britannica e pure un’ipotesi di ritiro nel 2015 ve l’abbiamo raccontata sette giorni fa, quando ha raggiunto a Sydney la sua prima finale ATP, ma il personaggio è talmente curioso che a ogni capitolo regala un nuovo episodio. L’ultimo riguarda addirittura l’abbigliamento. Il dicembre scorso gli è scaduto il contratto con Nike, e non è andata come pensava: “Avrei rinnovato volentieri, e credevo fosse lo stesso per loro”. Invece si è trovato a iniziare il 2017 senza sponsor tecnico, e senza offerte da valutare. Nei primi due tornei ha indossato i completi dello scorso anno, ma per l’Australian Open ha deciso di cambiare. Così domenica mattina si è fatto portare in un centro commerciale per fare un po’ di shopping. “Mi sono comprato una ventina di t-shirt griffate Uniqlo, a 19.99 dollari l’una”, ha raccontato. La metà completamente bianche, l’altra metà blu. Le ha scelte perché non avevano alcun logo in evidenza, così come i calzoncini. “Ma di quelli non so nemmeno la marca, ero più concentrato sulle magliette. Non sono della miglior qualità, ma va bene così”.
HILTON, LA FIDANZATA, LA VOLÈE
Non si può certo dire che i capi dell’azienda giapponese, già a fianco di Novak Djokovic e di Kei Nishikori, non gli abbiano portato fortuna, visto che tra match in uno Slam non li aveva mai vinti. Appresa la storia dai giornali, i responsabili di Uniqlo l’hanno ripagato per la fiducia facendogli trovare tantissime altre magliette negli spogliatoi (“bel gesto, anche perché sono senza logo, e gratis!”), e magari potrebbero aver trovato un nuovo testimonial, per sostituire almeno in parte l’imminente – si dice – addio di Novak Djokovic. “Per il momento nessuna offerta, ma sono concentrato sul torneo. Non credo che mettermi a guardare i social sia una buona idea”. In realtà qualche ora prima di scendere in campo con Tomic ha fatto il suo esordio su Instagram, ma forse se l’è già dimenticato come le abitudini del passato, cancellate grazie all’arrivo di una fidanzata e al nuovo coach Mark Hilton, il biondo dagli occhi pieni d’orgoglio che la regia ha inquadrato spesso sugli spalti, seduto a fianco di Leon Smith. Dopo la vittoria con Cilic, hanno chiesto a Dan in cosa Hilton l’abbia aiutato: “Niente di tecnico, è solo riuscito a portarmi in campo ogni giorno. Ci conosciamo da un sacco di tempo e credo in lui: per me ciò che dice è Vangelo”. Contro Tomic ha giocato un match magistrale, con quell’ordine che nella sua vita sta arrivando piano piano, ma nel suo tennis c’è sempre stato. Sa fare sempre la cosa giusta, sa muovere la palla come pochi, scegliere quella corretta da attaccare, quando variare col back, quando cambiare l’inerzia del punto col rovescio lungo linea. Tutto. E ha fatto vedere quanto possa (ancora) contare una buona volèe, da 40 punti su 51 discese a rete.
LA DEDICA A JULIEN HOFERLIN
Non volevo che la vittoria contro Cilic rimanesse la mia finale. Volevo tornare in campo e vincere ancora. Raggiungere la seconda settimana di uno Slam era uno degli obiettivi per questa stagione: sono molto soddisfatto”. L’ha soddisfatto meno il comportamento di alcuni membri del clan Tomic. “John è stato bravo, è venuto negli spogliatoi a farmi i complimenti, ma alcune persone nel box di Bernard si sono comportate come degli idioti. Urlavano contro di me, urlavano a lui di mandarmi all’inferno. È stato imbarazzante. Credo che Bernard sia venuto a farmi i complimenti anche perché si vergogna di ciò che è successo”. Eppure, nonostante le parole forti e anche un altro spettatore che ha provato in ogni modo a disturbarlo, Evans ci è passato sopra come niente fosse. Sembra abituatissimo a gestire le situazioni delicate, anche se certi match sta iniziando a giocarli ora, nei top-100 ci è entrato solo a maggio e i 50 li vedrà a fine torneo. Evidentemente certe qualità le ha da quando è nato: se n’è solo accorto tardi. Dopo il match-point ha mandato un bacio al cielo, dedicando la vittoria a Julien Hoferlin, il coach della LTA scomparso nel 2015 per un cancro al cervello, a nemmeno 50 anni. L’aveva seguito a lungo, ed “Evo” ha voluto ricordarlo in una delle vittorie più importanti della sua carriera. Si è notato chiaramente come abbia trattenuto a stento le lacrime, probabilmente ripensando a quel video che “Jules” gli mandò poco prima di andarsene. “Straziante: sapeva che sarebbe morto di lì a breve. Sarebbe stato bello averlo qui oggi. Ma sono sicuro che, ovunque sia, mi stesse guardando”. Se così fosse può mettersi comodo, perché "Evo" è solo all’inizio.

LA STORIA DI DANIEL EVANS (13 gennaio 2017)
GLI HIGHLIGHTS DEL SUCCESSO CONTRO TOMIC
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