Riccardo Bisti
02 October 2018

Asciugamani e rispetto per i raccattapalle

Il brutto gesto di Fernando Verdasco a Shenzhen, in cui ha rimproverato un raccattapalle per non avergli dato l'asciugamano a tutta velocità, riaccende la questione: non esiste che i raccattapalle si trasformino in piccoli maggiordomi. L'ATP lo ha capito: alle Next Gen Finals, i tennisti dovranno prendersi gli asciugamani per conto proprio.

Fosse accaduto una ventina d'anni fa, il gesto di Fernando Verdasco sarebbe passato quasi inosservato. Al massimo, avrebbe conquistato una “breve” su una rivista specializzata. Oggi è tutto diverso: tempo pochi minuti e il suo (antipatico) gesto al torneo ATP di Shenzhen è diventato virale nella vetrina onnivora dei social network. Durante la semifinale contro Yoshihito Nishioka, lo spagnolo ha chiesto l'asciugamano a un raccattapalle, (brutta) abitudine ormai consolidata nel tennis professionistico. Nonostante il ragazzino abbia fatto il suo dovere, Verdasco lo ha rimproverato in modo plateale, lamentandosi per la presunta lentezza. Il gesto dello spagnolo ha provocato un disdegno trasversale. Giustamente. Un milionario non può permettersi di rimproverare un giovane volontario per essere stato un po' lento nel soddisfare una sua richiesta. Tuttavia, gettare la croce addosso a Verdasco per il gesto in sé è eccessivo. Chi ha giocato a tennis, a qualsiasi livello, sa bene che in un momento di forte emotività si può perdere il controllo. Verdasco non è stato il primo, e nemmeno sarà l'ultimo. Per limitarci a quest'anno, lo stesso Novak Djokovic (nel pieno della sua crisi) aveva fatto qualcosa del genere a Miami. Il francese Adrian Mannarino ha incassato una multa di 9.000 sterline a Wimbledon per essersela presa con un raccattapalle. Come se non bastasse, a mente fredda aveva detto che i ball boys di Wimbledon sono una categoria un po' troppo “venerata”. Al contrario, lo spagnolo può essere criticato per l'assenza di scuse a mente fredda. L'abitudine di farsi dare l'asciugamano dopo ogni punto è stata sdoganata da Greg Rusedski. Fino agli anni 90, era rarissimo che i giocatori utilizzassero l'asciugamano al di fuori dei cambi di campo. D'altra parte, fascette e polsini servono proprio a quello.

LA SPERIMENTAZIONE A MILANO
Rendendosi conto che i momenti di tensione lo portavano a servire troppo in fretta, Rusedski iniziò ad utilizzare l'asciugamano con l'obiettivo di prendere tempo e mettere ordine nei pensieri. In poco tempo è diventata una routine per molti giocatori. Quando fa particolarmente caldo, Rafael Nadal ne porta addirittura due, uno per ciascuno dei raccattapalle a fondocampo. All'inizio, i giocatori raggiungevano autonomamente l'asciugamano lasciato da qualche parte a bordocampo, poi hanno iniziato a chiederlo ai raccattapalle. Col tempo, le modalità sono diventate sempre più sgarbate: basta un cenno col dito e il raccattapalle capisce di dover porgere l'asciugamano al giocatore. A parte l'evidente problema di igiene, molti tennisti pretendono che l'asciugamano venga portato già aperto, pronto all'uso. Da lì al brutto gesto di Verdasco, il confine è sempre più sottile. Al di là del fatto specifico (una multa sarebbe stata la punizione corretta, oltre all'obbligo di scuse nei confronti del ragazzino), diventa importante stabilire delle regole. Per questo, va accolta con favore la norma che l'ATP sperimenterà alle Next Gen Finals di Milano: a bordocampo ci sarà uno spazio apposito per gli asciugamani, in cui i giocatori dovranno obbligatoriamente lasciarli e – soprattutto – dovranno prenderli per conto proprio. Va detto che l'ATP non lo fa a tutela dei raccattapalle. Ufficialmente la ragione è l'igiene (giusto), ma probabilmente c'è un intento diverso: con l'obbligo di prendersi l'asciugamano da soli, i tennisti non lo faranno dopo ogni punto e lo sviluppo degli incontri sarà ancora più rapido. Ma va bene così: qualsiasi sia la ragione, almeno a Milano non vedremo più scene come quella di Shenzhen. Con la speranza che diventi una norma in tutto il circuito. Quanto a Verdasco, l'errore ci può stare. Ma avrebbe dovuto avere l'umiltà di chiedere scusa, magari pubblicamente, anziché bloccare su Twitter gli account di alcuni addetti ai lavori che avevano fatto notare il suo gesto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA