Riccardo Bisti - 12 September 2018

Carlos Ramos, un arbitro onesto e inflessibile

Alla scoperta dell'uomo finito nell'occhio del ciclone a causa del clima creato da Serena Williams. Nato in Mozambico, ex giocatore di medio livello, è arbitro internazionale del 1991 ed è noto per la sua capacità di non subire la personalità dei più forti. E pensare che, da ragazzino, aveva un deficit verbale che lo aveva convinto a un'operazione...

Carlos Ramos non parla. Dopo il putiferio scatenato da Serena Williams durante la finale dello Us Open, il giudice di sedia portoghese ha scelto il silenzio. Un po' per non alimentare polemiche, un po' perché ha trascorso in viaggio buona parte degli ultimi giorni, recandosi da New York a Zadar, in Croazia, dove sarà tra gli ufficiali di gara per la semifinale di Coppa Davis tra i padroni di casa e gli Stati Uniti. Ha mandato un rapido messaggio al suo amico Miguel Seabra, il più noto giornalista specializzato portoghese: “Viste le circostanze, sto bene. È una situazione fastidiosa, ma l'arbitraggio 'a la carte' non esiste. Non preoccuparti per me!”. Il dietro le quinte del tennis, tuttavia, sembra compatto nell'elogiarlo, sia per una carriera pluriennale, sia per l'atteggiamento mantenuto sabato notte. Addirittura, pare che gli arbitri stiano pensando di boicottare i futuri match di Serena Williams. Il curriculum dI Ramos parla chiaro: ha diretto la finale del singolare maschile in tutte le quattro prove del Grande Slam, oltre ad alcune finali femminili e di doppio, senza dimenticare una finale olimpica (Murray-Federer a Londra 2012) più Coppa Davis e Fed Cup. “Prima di un incontro molto importante, c'è grande pressione – aveva rivelato qualche anno fa – perché molti lo guarderanno. Non è la stessa cosa che trovarsi sul campo 14 a fine giornata. L'importante è gestire le emozioni, provare ad affrontare i grandi match come qualsiasi altro”. Proprio quello che ha fatto sabato: nessuna replica alle parole di Serena Williams, sfociate addirittura in un'offesa (“Sei un ladro!”). Carlos Ramos è nato in Mozambico 47 anni fa e ha iniziato a giocare a tennis molto presto. Il suo primo idolo fu John McEnroe: curioso, per uno che avrebbe dovuto tenere a bada le bizze dei giocatori. Con la racchetta in mano, è stato un giocatore di medio livello. Ha iniziato ad arbitrare per necessità economiche, ma fu il passaggio decisivo per entrare nel mondo del tennis. Ha effettuato il primo corso di arbitraggio nel 1987 e ha raccolto il primo patentino ITF (White Badge) nel 1991. La sua carriera è stata rapidissima: tre anni dopo ha ottenuto il Gold Badge, massimo riconoscimento per un arbitro. Ce l'hanno solo in 25. Una decina d'anni dopo è entrato nel piccolo gruppo degli arbitri ITF che ricoprono anche il ruolo di ufficiali di gara nei tornei del Grande Slam.

QUEL DEFICIT VERBALE
Il connazionale Jorge Dias è stato il primo non britannico a dirigere la finale di Wimbledon (quella del 2001, lo storico Ivanisevic-Rafter) e conosce Ramos sin da quando faceva il giudice di linea. Ha subito visto in lui qualità importanti: educazione, buone capacità di comunicazione, spirito di squadra, sapeva ascoltare e gli piaceva imparare. Tuttavia, aveva un problema: un deficit verbale, che in portoghese viene definito “sopinha-de-massa”, termine vagamente dispregiativo per definire chi fatica a pronunciare la lettera “S”. Nel mondo del tennis, poteva esporlo a prese in giro. Per questo, si è sottoposto a un intervento chirurgico e ha dovuto imparare a parlare di nuovo. “Questo episodio dimostra la ferrea volontà di diventare un ufficiale di gara” dice Dias. Tanta costanza è stata premiata: nel 2007 ha arbitrato la finale di Wimbledon tra Roger Federer e Rafael Nadal, quinto titolo consecutivo per la svizzero. Nel corso degli anni, e con l'esperienza, ha sviluppato ottime capacità di comunicazione (non solo verbale) “Ha imparato a interiorizzare i sentimenti e le sensazioni: qualità che, in un match femminile, sono molto importanti. Carlos parla con calma e lentamente, senza cambiare tono di voce, sapendo ascoltare ma con la capacità di interrompere il giocatore, inclinandosi verso di lui per non creare una separazione psicologica, tenendo la mano sul petto. Credo che Carlos abbia fatto del suo meglio per calmare e risolvere la situazione”. Ripescando vecchie dichiarazioni, emerge una cura dei dettagli quasi maniacale: “Cerco di anticipare l'incontro che arbitrerò – diceva – quali sono i giocatori e se ho precedenti ho con loro. Il modo migliore è adattarsi al gioco e inserirsi in un puzzle. Una finale è diversa da un primo turno, che però non deve essere considerato meno prestigioso. Non cerco di essere protagonista come alcuni miei colleghi, non ho né superstizioni e nemmeno routine”. Parlando dei giocatori, Ramos li aveva divisi in due categorie: “esigenti” e “difficili”. “Chi ha un maggiore valore mediatico è più esigente. È difficile perché è meno ragionevole. Non è stupido, ma spesso non gestisce bene la sua autorità e l'esito di alcune situazioni dipende più da lui che da noi”: Frasi profetiche, quasi un ritratto di alcuni atteggiamenti di Serena Williams. E aveva ben chiare anche le differenze tra uomini e donne. “Se un uomo pensa che hai sbagliato, ti etichetta come un cattivo arbitro. Se succede a una donna, pensa che tu abbia qualcosa contro di lei. La loro reazione è di natura più personale”.

ATTEGGIAMENTO CORRETTO
Il suo stile non è passato inosservato: sembra incredibile, ma ha anche alcuni fan. Li ha conosciuti per la prima volta a Melbourne, nel 2008, quando un gruppo di persone indossavano una maglietta blu con una lettera scritta in bianco. Non voleva crederci, quando si accorse che la parola formata dalle lettere era proprio “Ramos”. La popolarità, tuttavia, non gli è mai piaciuta. “Le stelle sono i tennisti. Gli arbitri sono lì per fornire un servizio, ai giocatori e al tennis in generale”. Suo malgrado, la popolarità lo ha travolto sabato notte. Le proteste di Serena sono state talmente vibranti e plateali da costringerlo a lasciare l'Arthur Ashe prima della premiazione, come se si fosse macchiato di chissà quale colpa, per sfuggire al linciaggio verbale del pubblico. Non è la prima volta che Ramos ha dovuto abbandonare il campo sotto scorta allo Us Open: era già accaduto qualche anno fa, quando i tifosi di un giocatore sudamericano non avevano preso bene alcune sue decisioni. È interessante ascoltare il parere di Jorge Dias sull'accaduto. “Carlos ha agito secondo le regole e le procedure. Il problema è stato il coaching: è chiaro che il codice di condotta non si applica la prima volta che un allenatore parla o manda segnali, ma sono sicuro che abbia agito correttamente”. In altre parole, è convinto che il famoso gesto di Patrick Mouratoglou che è costato il warning a Serena fosse davvero plateale. In effetti, gli arbitri sono istruiti in questo senso: si parte con avvisi, ma la penalità arriva soltanto se il coach continua a mandare segnali. Tale prassi si chiama “soft warning”, ma non è obbligatoria. Secondo l'ex arbitro australiano Richard Ings, il “soft warning” si utilizza quando i segnali del coach non sono chiari e dunque interpretabili. Se invece sono inequivocabili, è corretto comminare subito il warning. Nel suo articolo d'opinione su un giornale australiano, Ings ha scritto che Serena Williams dovrebbe scusarsi con Ramos. “Carlos non poteva lasciarla passare, doveva finire lì e lì è finita. Penso che sia stato calmo, coraggioso e brillante”.

LO SCHERZO SU WIKIPEDIA
Mike Morrissey, attualmente a capo degli arbitri ITF, ha detto al New York Times che Ramos è uno dei migliori arbitri da oltre 20 anni e ha la fama di essere “duro ma leale”. “L'accusa di essere un ladro è qualcosa che nessun arbitro può ignorare”. Padre di due figli e residente in Francia, a Lione, sin dal 1996, Ramos non ha particolari contatti con il paese d'origine se non tramite internet. Tuttavia, ama la letteratura (legge i romanzi di José Saramago) e la musica (gli piace il fado, genere musicale tipicamente portoghese). Nel tempo libero svolge un'attenta preparazione fisica (ginnastica e corsa), in modo da essere in forma nelle 26 settimane che trascorre lontano da casa. Come detto, sarà impegnato anche nel weekend: chissà come lo accoglieranno i tifosi croati, spesso molto caldi, e chissà come prenderà il fatto che la sua pagina Wikipedia è stata hackerata per qualche ora da un buontempone, forse tifoso di Serena Williams, che ha aggiunto alcune righe in cui lo etichetta come persona “debole” e “patetica” che utilizza il suo potere contro le donne. Le frasi sono state rimosse, non prima che qualcuno potesse farne uno screenshot. Dopo la partita, Patrick Mouratoglou ha inviato alcuni messaggi nel cuore della notte a Miguel Seabra, dicendogli che Ramos era il “peggior arbitro mai visto”, parlando della sua compiacenza verso gli uomini rispetto alla durezza e fiscalità nei confronti delle donne. Frasi che non trovano riscontro nei fatti, visto che Ramos era stato criticato da campioni come Nadal e Djokovic (peraltro per lo stesso motivo: erano stati penalizzati per eccessiva perdita di tempo tra un punto e l'altro), senza dimenticare un mini alterco con Murray durante le Olimpiadi di Rio: lo scozzese aveva definito “stupido” l'arbitraggio di Ramos. Chi lo conosce sa che dietro ogni sua decisione c'è un processo mentale razionale e analitico, per nulla condizionato da sessismo o razzismo. E ci mancherebbe. La verità è che i fatti di New York, dopo aver fatto il solletico alla Williams (17.000 dollari di multa sono una sanzione ridicola), potrebbero danneggiare il lavoro di Ramos negli Stati Uniti, visto che un'associazione femminista (NOW, acronimo di National Organization for Women) ha chiesto alla USTA di non dare più lavoro all'arbitro portoghese, adducendo questa motivazione: “In quello che era un atteggiamento evidentemente razzista e sessista, l'arbitro Carlos Ramos ha penalizzato ingiustamente Serena Williams con una dimostrazione aberrante di dominio e discriminazione maschile. Non sarebbe successo se Serena Williams fosse stata un uomo”. Che coraggio.

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