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Marco Caldara
11 September 2018

Arbitri al contrattacco: boicottaggio?

Secondo quanto confessato al The Times da un giudice di sedia (rimasto anonimo), alcuni arbitri d'élite starebbero meditando di boicottare gli incontri di Serena Williams. Il motivo è la mancata tutela da parte di USTA e WTA, che si sono schierati con la statunitense, alimentando le polemiche relative a un ipotetico sessismo della classe arbitrale.
Il comportamento di Serena Williams durante la finale dello Us Open è andato oltre ogni logica, ma la colpa di buona parte del polverone mediatico che è montato intorno alla vicenda non è solo sua. Pur di difendere la più grande testimonial delle due rispettivamente associazioni, USTA e WTA sono arrivate praticamente a schierarsi dalla sua parte, dandole ragione persino sulla “sparata” legata alla disparità di trattamento fra uomini e donne da parte dei giudici di sedia. Un’ipotesi che non solo ha messo in dubbio l’integrità del povero Carlos Ramos, vittima incolpevole della grave sfuriata della statunitense, ma anche dell’intera classe arbitrale, e sulla quale la sola ITF – seppur con grande ritardo – si è presa la briga di intervenire, precisando che l’operato del giudice di sedia portoghese ha seguito il regolamento alla lettera. Perciò, secondo una confessione anonima di uno dei giudici di sedia dello Us Open, raccolta dal quotidiano britannico The Times, un corposo gruppo di ufficiali di gara starebbe addirittura meditando di boicottare i prossimi incontri di Serena Williams, in risposta alla mancata tutela da parte di WTA e USTA. “Ramos è stato utilizzato come capro espiatorio dell’intera vicenda malgrado si sia limitato a fare il proprio lavoro, e non merita tutti gli abusi che ha ricevuto”, ha raccontato l’arbitro protetto dall’anonimato, spiegando che all’interno del corpo arbitrale è in atto una discussione su come muoversi far sentire la propria voce. L’obiettivo è chiaro: spingere WTA e USTA a modificare la propria posizione nei confronti dei giudici di sedia, dopo che entrambi gli organi hanno parlato di “sistema da rivedere”, e fare in modo che Serena Williams si scusi con Ramos per averlo etichettato come “ladro” e per aver mosso delle immotivate accuse di sessismo nei suoi confronti.
ANCHE I NUMERI DANNO TORTO A SERENA
Ramos ha raccontato di aver ricevuto privatamente l’appoggio di tanti giocatori, colleghi e addetti ai lavori, e l’ITF ha mandato un bel segnale decidendo che il portoghese sarà regolarmente in sedia da venerdì per Croazia-Stati Uniti di Coppa Davis, mentre WTA e USTA (e Williams) non sono ancora tornate sui propri passi. Per questo, un boicottaggio unico nel suo genere potrebbe essere una buona soluzione per far sentire la voce dei giudici di sedia, ingiustamente tacciati di utilizzare il pugno duro soprattutto con le donne, in quanto donne. Una stupidaggine confermata come tale anche dal totale delle violazioni del codice di condotta sanzionate dai giudici di sedia nell’arco dell’intero Us Open: su un totale di 108 infrazioni punite con warning, point penalty o game penalty, 86 (in pratica tre su quattro) sono arrivate in incontri maschili, e solo 22 in incontri femminili. È vero che gli negli Slam gli incontri maschili sono più lunghi, ed è vero anche che solitamente in campo gli uomini tendono a comportarsi peggio delle donne, quindi i numeri vanno un tantino tarati, ma in generale le accuse della Williams sono comunque facilmente confutabili. Malgrado ne vada dell’interesse di tutti i giudici di sedia, che potrebbero un giorno o l’altro trovarsi in situazioni simili a quella di Ramos, mettere d’accordo l’intera classe arbitrale non sarà una passeggiata, perché, come (purtroppo) avviene in qualsiasi ambiente molti farebbero carte false pur di prendere il suo posto fra i migliori del mondo. Tuttavia, per far sì che il possibile boicottaggio possa avere successo basterebbe che si schierasse a favore dell’azione il gruppetto di giudici di sedia con la qualifica più alta (gold badge), ovvero coloro che solitamente dirigono gli incontri più importanti sui campi più prestigiosi. Un obiettivo meno difficile da raggiungere, ma ugualmente efficace per esprimere il proprio disappunto sulla discutibilissima gestione dell'accaduto.
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