DIFFICILE PARLARE DI SESSISMO
Cosa intendeva dire? Proviamo a capirlo. Lo specchietto pubblicato dal New York Times parla di “multe” e non di sanzioni ricevute dai giocatori, probabilmente le uniche statistiche a disposizione sulle varie infrazioni. Non ci risulta che esistano statistiche sulle singole violazioni commesse dai giocatori e che poi non siano sfociate in multe. O almeno, non ne conosciamo. La tesi di Ohanian, dunque, sarebbe che gli uomini ricevono più multe ma non si sa quante violazioni abbiano commesso. Soltanto paragonando il totale delle violazioni si capirebbe se c'è un diverso atteggiamento, anzi, il famoso “doppio standard” teorizzato da Serena Williams. Il principio della sua idea non è sbagliato, ma non esiste nessun supporto statistico per dimostrarlo! E allora, fino a oggi, gli unici dati certi sono quelli riguardanti le multe effettivamente comminate. Per ora, la proporzione dice che per ogni sanzione a una donna ce ne sono tre per gli uomini. Va detto che, nei tornei del Grande Slam, gli uomini giocano al meglio dei cinque set e le donne al meglio dei tre (in doppio solo a Wimbledon). Quindi il principio esposto da Ohanian ha un fondo di verità: gli uomini giocano più set, più game e più punti rispetto alle donne. Ergo: hanno più occasioni per essere puniti e, di conseguenza, è lecito attendersi un numero maggiore di multe “azzurre” rispetto a quelle “rosa”. Tuttavia, la proporzione non è certo 3:1. Per intenderci, all'ultimo Us Open si sono giocati 460 set nel singolare maschile contro i 297 nel singolare femminile. La proporzione diventa 3:2. Per questo, siamo ancora lontani dalle ipotesi di Ohanian e permangono buone ragioni per credere che gli uomini siano più multati delle donne, anche tenendo conto delle percentuali di Ohanian. In assenza di dati certi, è un banale esercizio di probabilità. E comunque, la tesi del sessismo e del “doppio binario” sembra lontanissima o, quantomeno, tutta da verificare. Per adesso, Ohanian si è limitato a screditare una statistica (incompleta ma reale) senza portare neanche un numero a supporto della tesi opposta. Per questo, il suo attacco non pare credibile. Così come le parole di Serena che, nella prima intervista post Us Open, alla domanda se sia pentita per il suo comportamento, ha risposto con un laconico “mmm”, peraltro reiterato. Per adesso, onestamente, qualsiasi giustificazione – compresa quella di Ohanian – sembra un affannoso arrampicarsi sugli specchi. Il sessismo, purtroppo, esiste in più campi. Ma non ce n'era traccia, sabato 8 settembre 2018, sull'Arthur Ashe Stadium di New York.