Riccardo Bisti
12 January 2017

A 29 anni, si ritira Jarmila Gajdosova

Tra un cambio di passaporto e un paio di mariti, Jarmila Gajdosova era salita al numero 25 WTA. Oggi dice addio per i continui problemi alla schiena. Aveva chiesto una wild card per giocare l'ultimo torneo all'Australian Open, ma gliel'hanno negata. “Fosse per me, sarei andata avanti. Ma non potevo giocare una settimana sì e tre no”.

A neanche 30 anni di età, Jarmila Gajdosova alza bandiera bianca. La giocatrice australiana, ex slovacca, lascia il tennis dopo essere stata numero 25 del mondo...e aver cambiato un paio di mariti e altrettante nazionalità. Per un periodo si è chiamata Jarmila Groth, dal nome del bombardiere australiano con cui si era sposata qualche anno fa. Oggi è diventata la signora Wolfe, ma non vedremo più il suo nome nei tabelloni WTA e ITF. “Con grande dispiacere ho preso la decisione di ritirarmi dal tennis professionistico, con effetto immediato. E' la scelta più difficile della mia carriera”. Un problema alla schiena, diventato cronico, la costringe a lasciar perdere da numero 623 WTA. “Non ce la faccio sul piano fisico. Mi piacerebbe giocare ancora un paio d'anni, ma il mio corpo non me lo permette. Non posso sperare di sopravvivere per una settimana e poi saltarne tre. Il tennis non funziona così, almeno ad alti livelli”. La Gajdosova ha avuto una carriera tormentata: dotata di un servizio e un gioco molto potente, aveva la tendenza a ingrassare ma ha vissuto momenti molto difficili, come quando è morta la madre e poi ha divorziato da Sam Groth (che, a differenza sua, ha ottenuto una wild card per l'Australian Open). “Mi sarebbe piaciuto chiudere la carriera alle mie condizioni, ma ho dovuto ricominciare daccapo per ben sei volte. E' molto difficile farlo più e più volte, per questo credo che la mia schiena abbia detto basta”. La Gajdosova ha raggiunto gli ottavi sia al Roland Garros che a Wimbledon, ma la sua carriera è stata costellata da infortuni. Ancora prima della schiena, spalla e polso non l'avevano lasciata in pace. In teoria, avrebbe potuto sottoporsi a un intervento al polso per tornare a giocare, ma le hanno consigliato di lasciar perdere.

NIENTE WILD CARD A MELBOURNE
“Non c'erano garanzie di successo – dice Jarmila – ho visto uno specialista della colonna vertebrale e si è reso conto che avevo un'ernia e un disco sporgente, uno in alto e uno in basso. E' il frutto di 16 anni passati a giocare a tennis, tra allenamenti e partite. Non mi volevano operare perché ritenevano che non avrebbe fatto la differenza, inoltre non c'erano garanzie sulla possibilità di tornare al 100%”. Nel pieno del suo calvario, ha provato a giocare i play-off australiani estivi, con in palio una wild card per lo Us Open, ma dopo un'ora di allenamento non era nemmeno in grado di camminare. Il 2016 è stato un vero calvario per lei: si erano accorti che qualcosa non andava già durante l'Australian Open, poi però il dolore al disco era passato e ne aveva approfittato per farsi operare alla spalla. “Avevo giocato un torneo a Washington DC e la spalla aveva retto, ma il giorno dopo dovevo giocare il doppio e la schiena era completamente bloccata”. A quel punto, l'unica possibilità di andare avanti era accettare di farlo con la consapevolezza di non tornare al 100%. “Non avevo la certezza di reggere per più di un torneo, allora ho chiesto a Tennis Australia una wild card per l'Australian Open, specificando che sarebbe stato il mio ultimo torneo a causa di un infortunio. Ho lasciato perdere sia Brisbane che Sydney, perché se avessi avuto la possibilità di giocare a Melbourne, lo avrei fatto nel modo corretto. Purtroppo non mi è stata data questa possibilità”. Il suo ultimo match, dunque, resterà la netta sconfitta contro la britannica Katie Boulter al torneo ITF di Landisville, giocato lo scorso agosto. La Gajdosova, oggi sposata con Adam Wolfe (il matrimonio si è celebrato il 28 ottobre 2015), punta comunque a restare nel mondo del tennis, come coach o magari come commetatrice (imitando Jelena Dokic). Tra le sue priorità c'è anche quella di creare una famiglia.  
© RIPRODUZIONE RISERVATA