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Marco Caldara
12 December 2017

2017 - Moments of glory

La stagione del circuito ATP e WTA è composta da oltre 100 tornei, più o meno prestigiosi, sparsi in tutto il pianeta. Ma in fin dei conti sono solo una dozzina le competizioni che restano sul serio nei libri di storia. E regalano momenti di gloria impareggiabili.
LA PRIMA PENNELLATA DI VINTAGE
Ancora un mesetto e sarà di nuovo tempo di Australian Open. Lo stesso appuntamento che nel 2017 finì così, con Roger Federer in lacrime come un bambino con in mano il suo titolo Slam numero 18, al termine di una sfida magnifica, in un torneo magnifico. L’antipasto perfetto a quanto mostrato dai mesi successivi, che hanno visto tornare grande questo signore svizzero di 36 anni, insieme al suo eterno nemico. Riaprendo una rivalità che ci si augura possa avere ancora tante pagine.
UNO SLAM LUNGO SETTE SETTIMANE
Che Serena Williams vinca uno Slam non è una notizia, tutt’altro, visto che nell’Era Open nessuna ne ha conquistati tanti come lei. Ma che ci riesca incinta di sette settimane, beh, ha il suo fascino. Ed è l’ennesima dimostrazione che la campionessa americana viaggia su un binario a sé, parallelo a quello di tutte le avversarie. Si è fermata proprio dopo il successo a Melbourne, in finale sulla sorella Venus, ma è pronta a tornare. A dettar legge? Probabilmente sì. E per fortuna.
A PARIGI COL CANNONE
La più grande sorpresa del 2017 del tennis. È vero, lo Us Open intascato da Sloane Stephens è stato almeno tanto stupefacente, ma il trionfo al Roland Garros della ventenne lettone ha davvero lasciato tutti a bocca aperta. Perché prima di mettere piede a Parigi nei tornei del Grande Slam non aveva mai raggiunto la seconda settimana, e perché 299 colpi vincenti in un solo torneo – oltre 100 dei quali fra semifinale e finale – non li aveva mai tirati nessuna. Neanche la miglior Serena Williams.
LA DECIMA
La Coppa dei Moschettieri l’ha abbracciata per la decima volta domenica 11 giugno 2017, al termine di una finale mai davvero iniziata contro Stan Wawrinka, a chiudere un torneo mai dominato prima con cotanta facilità. Ma Rafael Nadal il suo ennesimo Roland Garros l’aveva già ipotecato cinque mesi prima, a gennaio, quando si è reso conto di essere tornato sul serio quello dei tempi d’oro. Nella finale di Melbourne tutti hanno capito come sarebbe andata la stagione sul rosso. E così è stato.
È TORNATA
Il titolo al Roland Garros 2016 era stato il punto più alto della carriera di Garbine Muguruza, ma anche l’inizio di una lunga serie di difficoltà nel convivere col nuovo status di campionessa. Ci ha impiegato almeno un anno a digerirlo, ma appena sotto ai piedi ha trovato l’erba ha confermato di essere comunque la concorrente più forte al dominio di Serena Williams. E forse l’unica delle big attuali che può (deve?) puntare a chiudere la carriera con in bacheca almeno una manciata di Slam.
8 MIRACOLI NEL TEMPIO
Fra il settimo titolo a Wimbledon, nel 2012, e l’ottavo, nel 2017, Roger Federer ha dovuto aspettare sette anni. Tanto, tantissimo, troppo per uno come lui, che sui prati di Church Road ha costruito buona parte della sua fama. Ma per fortuna non troppo per ricordarsi come dominare su quel Centre Court che potrebbe tranquillamente essere il giardino di casa sua. Zero set persi in sette match e coppa in cassaforte, per avvicinare sempre di più quota 20 titoli Slam. Ora ne manca uno solo.
BOTTE E SORRISI
Qualche settimana prima non poteva camminare dopo un’operazione al piede ed era scivolata fuori dalle prime 900 del mondo, ma lo stop le è servito per rimettere ordine alla sua vita. Risultato? Il titolo allo Us Open, fra incredulità e sorrisi. Tanti sorrisi. Anche se l’espressione migliore Sloane Stephens l’ha regalata quando le hanno consegnato la busta con l’assegno. La cifra? 3,7 milioni di dollari. In un colpo solo. Un vero e proprio sei al Superenalotto, ma con zero fortuna e un sacco di meriti.
GLI ALTRI CADONO, “RAFA” NO
L’edizione 2017 dello Us Open non verrà certo ricordata come la più spettacolare della storia, e nemmeno come la più ricca di big, visto la raffica di forfait che ha spalancato il tabellone a tanti outsider. Ma fra qualche anno non se lo ricorderà più nessuno e il nome stampato nell’albo d’oro contribuirà a garantire l’oblio. Perché mentre tutti gli altri grandi cadevano come birilli, prima o durante il torneo, Rafael Nadal era sempre in piedi. Prontissimo a raccogliere una chance più che meritata.
LA VENDETTA DI CAROLINE
Se avesse vinto almeno una delle prime sei finali giocate nel 2017, oggi Caroline Wozniacki sarebbe di nuovo numero uno del mondo, al termine di una stagione che l’ha vista vincere più match di tutte, in un Tour femminile che non ha nella costanze delle protagoniste la sua miglior qualità. Invece le ha perse tutte e deve accontentarsi del numero 3. Ma si è presa tutte le rivincite in un colpo solo, dominando le WTA di Singapore con una facilità disarmante. Che sia stato un avvertimento?
SCUSATE IL RITARDO
Il pubblico lo aspettava già da anni, poi aveva addirittura iniziato a pensare che non sarebbe arrivato mai più, ma alla fine Grigor Dimitrov un modo per diventare grande l’ha trovato. Ha ricevuto troppi regali dagli dei per buttarli via fra coach sbagliati, scelte di vita discutibili e poca voglia di soffrire. Dani Vallverdu gli ha fatto il lavaggio del cervello, e i risultati dicono finale sfiorata all’Australian Open, primo titolo in un Masters 1000, e successo alle ATP Finals. Conviene augurarsi che sia un punto di partenza.
USA, 17 ANNI DOPO
Non saranno Seles, Davenport e Capriati, 3 delle 25 numero uno nella storia della WTA, che nel 2000 consegnarono agli Stati Uniti l’ultimo titolo in Fed Cup. Ma CoCo Vandeweghe e Sloane Stephens, più Shelby Rogers e Alison Riske, sono riuscite comunque a riportare negli States un titolo che mancava da 17 anni, conquistando la Fed Cup nella delicata finale di Minsk contro la Bielorussia. Che da neopromossa ha annusato un’impresa storica fino al doppio decisivo.
CI VOLEVA YANNICK
La foto perfetta per riassumere il decimo trionfo in Coppa Davis della Francia di Yannick Noah: tante mani unite, ma i volti che si vedono appena. Perché il grande merito del capitano, tornato in pista dopo anni lontano dal tennis, è stato proprio quello di far sentire tutti uguali, tutti convocabili e nessuno sicuro del posto. Tanto che mai nessuno aveva vinto l’Insalatiera schierando nello stesso anno otto giocatori diversi. Un record figlio di un sistema tennis che funziona meglio di tanti altri.
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