MONITORAGGIO COSTANTE
Se i numeri sembrano dare ragione alle scelte della WTA, è altrettanto vero che i fenomeni di precocità si sono pressoché azzerati. Le ultime teenager a vincere uno Slam sono state Maria Sharapova e Svetlana Kuznetsova nel 2004. Questo dato non convince Mouratoglou, convinto che si debba cambiare qualcosa. “I limiti non hanno senso, perché il tennis è uno slancio. E se blocchi lo slancio delle giocatrici, magari Martina Hingis non sarebbe stata numero 1”. In effetti, la svizzera ha vinto tutti i suoi Slam tra i 16 e i 18 anni, salvo poi avere una tribolata seconda parte di carriera, tra ritiri precoci, rientri e squalifiche. La Keber sostiene che la regola viene rivista ogni anno da un team di esperti per restare al passo con i tempi e verificare i vari fenomeni adolescenziali. Per esempio, le ragazze tra i 15 e i 17 anni, in certi casi, possono giocare quattro tornei in più se ottengono risultati davvero importanti. “Se una ragazza è davvero forte e talentuosa, come sembra essere Cori, mi aspetto che a 16 anni possa giocare 16 tornei più la Fed Cup, le Olimpiadi e le esibizioni – dice la Keber – e questa sarebbe assolutamente un'attività professionistica standard. E a 17 anni, con 20 tornei, potrebbe svolgere un programma completo”. Lo scorso anno, Corey Gauff (padre di Cori, ex giocatore di basket a livello accademico), aveva criticato la regola. A suo dire, era stata istituita per mettere una pezza a qualcosa che non andava bene. “Ma non è certo la situazione di mia figlia, vorrei soltanto che avesse la possibilità di giocare con le migliori”. Tuttavia, non possono essere create regole ad personam. Per questo, la Keber ricorda che diverse ragazzine di 13-14 anni raggiungevano spesso l'esaurimento nervoso. “Sappiamo bene che le 14enni sono molto vulnerabili: per questo, le norme più rigide riguarderanno sempre questa fascia d'età. La salute e il benessere delle giocatrici è la nostra priorità. Vogliamo che restino nel gioco il più a lungo possibile”. Il 6-4 6-1 con cui la Gauff ha esordito allo Us Open, con una sconfitta, fa pensare che una crescita graduale possa essere, davvero, il modo migliore per crescere.